2008-09-03

* Natura

Natura. Di ritorno a Bologna ho notato con costernazione la morte delle mie piante aromatiche. Il guaio dell’abitare soli. E che nessuno ri-proponga il tema dell’abbandono degli animali. Qui si parla di rosmarino, di salvia, di maggiorana. Morta la maggiorana, un arbusto si erige sul suo terriccio agonizzante. Classico, le erbacce non hanno bisogno di noi. Da qui, una riflessione. I movimenti naturisti che si alternano nel corso dell’evoluzione del pensiero, hanno un denominatore comune. Il terreno. Proliferano quando la fiducia nelle capacità positive degli esseri umani scende ai minimi storici. Il Walden di Thoreau, L’attimo fuggente, Tolkien e gli agriturismo. Ma siamo sicuri che la natura sia – in sé – così buona da costituire un rifugio dal (dis)umano? E se è un rifugio per tutti, che ne è della natura? Non è la morale di Into the Wild?

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5 Commenti:

Alle 4 settembre 2008 alle ore 12:02 , Anonymous Anonymous ha detto...

Infatti, caro Lord, la massaia, nella storia della sopravvivenza del soffritto durante il periodo vacanziero (una storia molto breve del resto), ha elaborato due soluzioni pratiche in risposta alla sua più intellettuale sfiducia nell'umanità:
1) la soluzione "ricovero". Si tratta di portare fisicamente il soffritto ancora in buono stato presso una buona anima che se ne prenderà cura nel periodo di assenza. Si pratica quando il materiale da traslocare non supera la dozzina di vasetti, tutti di piccole-medie dimensioni. Al momento il ricovero "giardino della nonna" gestisce, per farle un esempio, sei gerani, una salvia, una pianta misteriosa e due basilichi.
2) la soluzione "chiavi in mano". Si pratica per soffritti molto ingombranti o per soffritti-sitter motorizzati e disposti a annaffiare regolarmente il soffritto presso l'interessato.
Per concludere, l'anno prossimo portami il soffritto.
Non sopporto vedere maggiorane agonizzanti...
Giulia

 
Alle 5 settembre 2008 alle ore 09:14 , Anonymous Carla ha detto...

io ho basilico, mentuccia, erba cipollina, prezzemolo e un'altra pianta di cui non so il nome agonizzanti sul davanzale, e non sono nemmeno andata in ferie...
sarà forse perchè ho perso tempo a leggere "nelle terre estreme"?

 
Alle 5 settembre 2008 alle ore 12:06 , Anonymous Emmaboshi ha detto...

Quello, Carla, è colpa di sto buco dell'azzòto

 
Alle 2 ottobre 2008 alle ore 22:24 , Anonymous p.s. ha detto...

prima di tutto brum io penso che la morale di into the wild sta nella frase "la solitudine è bella solo quando viene condivisa", non penso che il film voleva parlare tanto di natura in se quando di isolamento dell'individuo. La natura, non è buona ne cattiva. è semplicemente naturale. siamo noi che diamo la forma al diamante per farcelo sembrare più bello. Cerchiamo di acculturare la natura. E secondo me tentiamo troppo. Stiamo dimenticando che anche noi siamo parte di natura.

 
Alle 6 ottobre 2008 alle ore 09:54 , Anonymous Anonymous ha detto...

Sonoi d'accordissimo.
In effetti cerchiamo di dare simboli alla natura da sempre, quando invece è la natura stessa a suggerire gli elementi che noi traduciamo in icone, immagini, perversioni e via dicendo.
Per l'isolamento dell'individuo etc. etc. lo so, ti ricordo che effettivamente è roba che conosco e che il post era semiserio.
A proposito, mi pare che "Into the wild" sia una immensa citazione del Walden di H. D. Thoreau, peraltro ripreso anche ne "L'attimo fuggente".
Quindi, come vedi, niente di nuovo.
A mercoledì, per un altro post.
LB

 

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