2009-08-24

* For-Nanda

For-Nanda. Quando si muore, la reazione abituale delle persone è spesso sintetizzata nella sequenza sgomento-negazione-santificazione. E le ragioni non sono esclusivamente riconducibili al quadro antropologico occidentale o alla personalità del soggetto in causa, ma anche alle variabili politiche e poetiche del vivere. Prendiamo Fernanda Pivano. La sua morte fa riflettere su diversi aspetti della più che comprensibile costernazione che ne ha caratterizzato i funerali. Se si segue uno schema aristotelico, si può leggere il fenomeno "Morte di Fernanda Pivano" dal punto di vista del bios, del logos e dell'ethos. Rispetto al bios Fernanda Pivano aveva novantadue anni. E a novantadue anni morire non è strano. E qui entra in campo il logos: ciò che ha scritto e - cosa ancor più suggestiva - la capacità di fare leggere ciò che non sarebbe mai stato facilmente leggibile. Sulla strada di Kerouac. Il Grande Gatsby di Scott Fitzgerald. Juke Box all'idrogeno di Ginsberg. E così via. Ma la donna morta qualche giorno fa, ha già consegnato la propria vocazione a pagine immortali. Se rimpiangiamo personaggi della levatura di Fernanda Pivano, lo facciamo in nome dell'ethos, dell'orientamento riflessivo al bene o al male, e del temperamento che un autore dimostra, nel caso specifico, nei confronti della parola scritta. Nessun testualismo spinto. Solo amore per il testo. Quando intervista Charles Bukowski - l'uomo più rude della letteratura americana - lui le regala una rosa. Questo non ha reso biologicamente immortale Fernanda Pivano. Sono le ragioni per la quale la rimpiangiamo, quelle che la rendono immortale umanamente. La cultura non è un attributo narcisisticamente autoriferito, ma una risorsa collettiva a disposizione di intelligenze curiose. Che sia questo il senso della perdita?

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1 Commenti:

Alle 24 agosto 2009 alle ore 22:35 , Anonymous p.s. ha detto...

a momak piace questo elemento

 

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