* Identità
Identità (D). Sono tanti gli studiosi, alcuni eminenti, che si interrogano da tempo sul problema dell’identità. Chi siamo? Siamo il ruolo che esercitiamo, o il prodotto delle norme istituzionali, come vogliono alcuni strutturalisti? Una entità biologica, come lasciano intendere alcuni scienziati naturali, inclini a un eccesso di positivismo? Siamo forse fasi continue di un processo di reincarnazione, come da precetti della religione induista? O piuttosto, siamo quello che mangiamo, come suggeriscono furbescamente alcune prescrizioni dietetiche di stampo new age? Oppure, come mi pare più probabile, non siamo soltanto il prodotto di variabili come l’età, lo status, il territorio, la cultura di appartenenza, ma anche l’eterna mediazione fra tutto questo e la nostra personalità?
Identità (R). Quando facevo le scuole medie, era abitudine fare firmare le ultime pagine del diario dai propri compagni di classe. Un’usanza sociale, che riproduceva le gerarchie carismatiche che si erano consolidate nel corso dell’anno scolastico. Per questo, pochi eletti conquistavano pagine e pagine di dediche personalizzate. La stragrande maggioranza riceveva qualche pensiero sul quale fantasticare durante l’estate e molte frasi di circostanza. La casta degli intoccabili racimolava invece quattro o cinque sbrigativi “ciao”, vergati in fretta e furia prima del suono della campana. A comporre quest’ultima categoria c’era anche una nostra compagna, non particolarmente avvenente. In tutta onestà, salvo qualche raro esempio di bellezza già manifesta, nessuno era avvenente, alle scuole medie. Ma a colmare il divario amletico tra essere e non essere c’era appunto l’avere (quello di Fromm), e molto facevano gli abiti giusti, gli accessori giusti, lo zainetto giusto e la corporatura giusta. Questa compagna non era francamente molto “giusta”, per utilizzare un concetto riassuntivo. Così, dopo i primi due anni passati a racimolare sequenze impersonali di “ciao” e di “buone vacanze”, un altro perfido alunno, la apostrofò per cognome e le scrisse: “Sei bella come il c*lo di una cammella”. Basta. Chiuso lì. Personalizzazione netta, se non altro. E tutti, ma proprio tutti, ridemmo. Noi per conformismo, il compagno cattivo per protagonismo, e la compagna brutta per circostanza. Questa storia non è a lieto fine. La compagna è rimasta brutta, ed ora è anche più vecchia, più grassa e più sciatta. Il compagno è ancora gretto, ed anzi è peggiorato, ma sorvolo sulle cause. Quindi questa storia non serve a consolare, ma a riflettere sul problema dell’identità. Forse siamo bambini un po’ str**zi, alla ricerca dell’innocenza perduta?
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7 Commenti:
Come dice grande Jodorowsky l'uomo è un compromesso tra dio e il cadavere. Questa tesi confermata da Eraclito a Hegel è molto bene analizzata nel libro che hai citato di E.Fromm. Condivido la tua esperienza scolastica, precisando che questi comportamenti sono frutti di imposizioni sociali e "educativi" che ci vengono imposti. Paradossalmente un bambino piccolo è a mio avviso più vicino all'essere di un individuo formato.
(è molto più indivisibile di un adulto).
Questione è :cosa succederà quando il gusto delle masse accetterà l'abbandono dell'oggetto avvenuto nell'arte dell'900? (che secondo i miei calcoli dovrebbe succedere nel circa 2400 se nel frattempo nn avremo un altro hitler)
Saremo più vicini all'individuo? Diventeremmo qualcosa di più di un semplice nome o di un vestito?
Caro Momak,
Sei un simpatico post-strutturalista. Effettivamente un bambino è più indivisibile di un adulto, anche se non necessariamente più innocente. Di fatto alle scuole medie (11-13 anni) gran parte dell'indivisibilità originaria se ne è già andata a ramengo. Per cui, a meno di non soffrire della sindrome di Peter Pan, sarebbe forse opportuno accettare la sfida della cultura ed elevarsi a un livello tale da conoscere i pericoli del totalitarismo e scongiurarli con una buona dose di rispetto e tolleranza, senza per questo smarrire la propria identità. Personalmente sono ancora lontano da questa prospettiva, e ho ancora -ahimè - molto da imparare. Detto questo, la tua ricerca di un contenuto è effettivamente un tema ricorrente. In linea di principio sono d'accordo con te, anche se non mi convince l'idea della sola imposizione di schemi educativi, almeno in questo caso, dato che la storia narrata ha come protagonisti solo pre-adolescenti, e il controllo sui corpi c'entra ben poco. In altre parole, tu proponi un asse Foucault-Duchamp, mentre io avevo in mente Ammanniti, o - squillo di trombe - un cartone alla Hannah e Barbera.
LB
Hm. ma io non la propongo . è stata già proposta. il risultato è inevitabile. Quando Keplero diceva che « La geometria è l'archetipo della bellezza del mondo » pensi che sapeva che questa frase porterà nella scoperta fisica del punto G?
Diario del capitano, data stellare 46682.4. "Ci siamo persi.Non troviamo più la strada verso la nostra casa. Che facciamo? Giochiamo!!!"
Non c'è nulla di inevitabile, amico mio. E proprio perchè la proiezione individuale ha dei limiti. Inoltre, è anche il motivo per cui la libertà si definisce in positivo e nei vincoli, e non solo contro di essi. Del resto, il punto G è normalmente un ideale regolativo più che la fonte del piacere, una norma di comportamento per rispettare il piacere inter-personale, più che un obiettivo concretamente perseguibile. O no? Mi dice Lele che comincerai a tenere una rubrica. Attendo con impazienza i tuoi scritti!
si solo se l'idividuo è Heidi che vive isolata in mezzo alle montagne con il suo nonno.
Il punto G invece è una questione di fede. Devi crederci per trovarlo!!!cosmologia e vaginologia sono la stessa cosa, ah quanti poveri astronauti hanno perso la vita in nome a quella nobile ricerca...
si dovrei cominciare. così anche te puoi bombardare me...ho giocato abbastanza in attacco
Macchè Heidi!
Io pensavo piuttosto a un Nietzsche!
Certo che hai giocato d'attacco, per questo mi piace il nostro carteggio!
Del resto è comprensibile: accostare un liberal come me a un olista come te, il confronto è inevitabile.
Detto questo, se sono Heidi ti propongo per il ruolo del nonno, che in effetti è moralista, se pure nel senso buono.
Siccome dovresti scrivere di arte ti chiedo un parere: che ne pensi di Ph. Daverio?
A presto,
LB
Non mi definirei ne moralista ne olista. definirsi mi sembra rinunciare a qualcosa che non sono. Hm... non scriverò dell'arte in modo diretto...ma di p.d. penso che è simpatico come il suo papion.
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